domenica 27 luglio 2014

UN'APP CI SALVERÀ ?






Leggo stamattina, sul web manco a dirlo, la notizia di una nuova app, BreakFree, che promette di aiutarci a limitare la nostra dipendenza da smartphone.  Curare con una app la dipendenza da app. 
Un paradosso.
Ma davvero questa omeopatia digitale è la soluzione? Ne dubito. Ce ne sono da tempo in commercio altre simili, eppure 176 milioni di consumatori nel mondo continuano ad essere smartphone addicted: sbloccano il proprio telefonino in media 110 volte al giorno, ogni 13 minuti, per controllare se ci sono notifiche di posta, sms, Whatsapp, Fabebook. Quanti di noi lo fanno come prima cosa appena svegli e come ultima prima di andare a dormire? Persino durante una passeggiata in un bosco o mentre sono a tavola con amici, o interrompendo ogni poco la lettura di un bel libro?
Ecco. Iniziamo a preoccuparci.
Proiettandoci di continuo all'esterno evitiamo di guardare in noi stessi. 
E anche il confronto che cerchiamo con l'altro è solo virtuale cosi come lo è la nostra 
partecipazione ad un evento, ad una discussione, finanche la nostra indignazione. Tutto si 
esaurisce con un LIke. Magari dalla spiaggia. Facile, veloce e poco impegnativo. 
Qualche giorno fa sono stata a casa di uno scrittore di successo: era zeppa di libri, accatastati ovunque. Gli ho chiesto quanto tempo il web, al quale spesso lo vedo connesso, ha tolto al suo studio, alla sua lettura, alla sua riflessione, alla sua fantasia. Moltissimo, ha ammesso. Pure lui. Un uomo che ha conquistato ad un prezzo altissimo la propria libertà, ora è schiavo.
È la nevrosi sociale e culturale del nuovo millennio: essere sempre connessi. Tranne che con noi stessi. E con il mondo reale che ci circonda.
Con un amico che "sento" tutti i giorni (solo via web, ovvio) c'eravamo ripromessi di restare offline almeno per tutto il week end. Un fine settimana peraltro trascorso entrambi con le persone che più amiamo a fare le cose che più ci piacciono. Senza neppure la debole scusa della noia, del tempo da ingannare controllando le notifiche ricevute. 
Nessuno dei due c'è riuscito. Non ci siamo "sentiti" ma entrambi abbiamo "likeato" post di amici su FB o condiviso opinioni.
Siamo addicted, non ce n'è. 
Ammetterlo a noi stessi è il primo passo per tornare all'essenziale delle cose prima di accorgerci che ci è sfuggito mentre stavamo "spippolando" compulsivamente sulla tastiera virtuale del nostro smartphone. 
Tempo fa quando partivo per una vacanza con mio marito lasciavo lo smartphone a casa, a Milano. Lui no, e si arrabbiava con me: questa mia libertà totale di scegliere a cosa rinunciare, lo spiazzava.
Oggi non riesco più neppure io. 
Gira una vignetta sul web in queste settimane: stasera a casa, ho spento il mio smartphone ed ho scoperto di avere una famiglia. Chi ha la fortuna di averla, ci provi. A meno che non se ne voglia liberare.




giovedì 24 luglio 2014

ABITARE IL MONDO

Victoria, Vancouver Island 2007
Se pensate al risparmio, siete già fuori strada.  
Scambiarsi la casa è soprattutto uno stile di vita. Per chi cerca nel viaggio un’esperienza di incontro e di autenticità, per chi ama sperimentare, è curioso e aperto alle novità e all’imprevedibile, per chi sa essere fiducioso e tollerante verso gli altri, per chi non ha un attaccamento verghiano alla "roba"e dunque non e'geloso dei propri beni e della propria casa. Non è un caso che da una recente ricerca dell' Università di Bergamo, il 62,1% degli scambisti di case risulti  avere un grado di istruzione elevato, con almeno un diploma di scuola superiore e il 70% possegga un'occupazione.
Da oltre 10 anni mio marito ed io non mettiamo piede in un albergo. 
Mai, neppure per un week end.
Perchè dovremmo? C'è  una casa che ci aspetta in ogni Paese del mondo ci salti in mente di visitare. Ne abbiamo già abitate oltre 20. Stati Uniti, Canada, Brasile, Marocco, Australia, Austria, Francia, Danimarca, Svezia, Olanda, Grecia, Seychelles. Ogni volta una sorpresa. Positiva. 
A Milano ho scelto di vivere in un vecchio quartiere e in una vecchia palazzina. Ed e' questa l'atmosfera che mi piace ritrovare ogni volta in un'altra città:  fare la spesa al mercato rionale come un abitante del luogo, entrare in una casa vera che parli di chi la vive e del suo stile di vita spesso diverso dal mio, che racconti dei suoi gusti, della sua cucina. Amo trovare libri da leggere e dischi da ascoltare scoprendone di nuovi, seguire i consigli che i proprietari lasciano scritti per guidarci a vivere il quartiere e la città lontano dalle rotte di massa. Da locali, non da turisti stranieri. Incontrare i nuovi vicini che spesso ci invitano a cena appena arriviamo.  
È una scelta di viaggiare che contribuisce ad accrescere il rispetto e la fiducia tra gli individui, rafforzando il senso di comunità. Gli scambisti di case sono di per sé una Community. Potrei continuare parlando di come tutto ciò sia ecologico ed etico perchè non alimenta la crescita delle multinazionali del turismo a scapito dell'economia locale.  Ma l'aspetto che più mi affascina e' quello del viaggio che diventa davvero un’esperienza umana: aprire la porta della propria casa è un dono reciproco, un esercizio alla fiducia e di rispetto delle cose altrui che diventano comuni. Condivisione, e' la parola magica.

martedì 22 luglio 2014

IL SENSO DEL TEMPO



Con il tempo ci so fare: ci diamo del tu.
45 anni oggi. Trascorsi con il naso incollato al cronometro.
Nel mondo delle corse contano solo i millesimi di secondo. 
Ne basta uno in meno per stare davanti a tutti. 
In quello della televisione l'unità di misura sono i secondi. 
Se al tiggì ti danno al massimo 1'10", in quel tempo ci devi far stare tutto: raccontare il fatto, infilarci le interviste. E se alla fine hai chiuso a 1'20,
dieci secondi sono superflui, devi riuscire a limarli. Non ce n'è!
Se sei in diretta e dalla regia ti dicono di chiudere in 30" devi selezionare il meglio di ciò che puoi dire, senza sforare. 
Sarà per questo che il mio tempo ho imparato a gestirlo molto bene, senza alcuna ansia. Il cronometro non mi mette angoscia, per nulla. Ci convivo benissimo e so alla perfezione come sfruttare al meglio ogni secondo senza perderne il controllo.
Non ragiono in ore, giorni, anni. Ma in secondi, decimi, millesimi.
Il tema per me non e' dunque il tempo che scorre, le rughe che aumentano, ma quello che ci faccio, come posso ottimizzarlo. Per questo ho deciso di dedicarmi a riempirlo solo di ciò mi fa stare bene, di selezionare le emozioni da vivere, i luoghi e le persone con le quali condividerle.
Il tempo e' una dimensione interiore. Il segreto per non subirlo e' non rincorrerlo. 
Non servirebbe a nulla se non a sprecarlo.

lunedì 21 luglio 2014

NOI CHE



Noi che leggiamo gli stessi  libri, amiamo la natura e la liberta', le diversita' ci arricchiscono e non ci spaventano, non e' mai troppo tardi per rinunciare ai nostri pregiudizi, siamo per la pace e per il disarmo, crediamo che un altro  mondo sia possibile, il profitto e la carriera non sono uno scopo, la societa' dell'abbondanza non ci piace e la sobrieta' non significa privazione, abbiamo uno spirito nomade e il cambiamento non ci fa paura, camminiamo nei boschi e nuotiamo nel mare,  differenziamo i rifiuti, investiamo nella decrescita, dialoghiamo con le filosofie orientali e cerchiamo uno stile di vita sostenibile, spesso ci piace stare soli con noi stessi, tendiamo la mano a chi e' rimasto indietro,  non vogliamo guardare la vita passarci accanto, condividiamo pensieri in ore di parole, mettiamo I like agli stessi post e per capirsi basta un'occhiata. 

martedì 15 luglio 2014

CAMBIARE ROTTA


Sono sempre andata controcorrente. Fin da piccola. Mi sbucciavo le ginocchia arrampicandomi sugli alberi mentre le mie amiche pettinavano le bambole. Oggi che a 45 anni, dopo 22 anni in RAI sono saldamente in sella alla mia scrivania al TG1, il telegiornale piu' seguito e piu' ambito, ho deciso di cambiare rotta. Tutti corrono verso il potere, il denaro, il successo, la carriera, la popolarita', la visibilita'. Io viro verso una vita piu' lenta, piu' consapevole, nella quale il tempo vale piu' del denaro e la qualita' delle giornate non e' dettata dal consumo di beni materiali. Il ricatto lavoro, consumo, lavoro mi ha stancata. Per un po' voglio dedicarmi ad aiutare chi e' rimasto indietro, a condividere le mie conoscenze e capacita' con chi ne ha bisogno, a leggere tutti i libri che non ho letto, a cucinare, camminare, parlare, respirare, mangiare, amare lentamente. Una vita piu' autentica e piu' sostenibile, in ascolto degli altri, di me stessa e delle mie passioni, in armonia con la natura. E' difficile uscire dalla centrifuga. Tutti a dirti sei pazza, a crearti sensi di colpa e di inadeguatezza. Se non produci non vali secondo il dogma di questa societa'. Per sei mesi, fino a gennaio 2015 saro' in aspettativa. Senza stipendio, senza contributi. Non tutti possono permetterselo, me ne rendo conto. Molti altri invece, insoddisfatti che trascorrono il tempo a lamentarsi, potrebbero scegliere  ma temono il cambiamento del tenore di vita, la solitudine, la rinuncia al ruolo sociale e al denaro che certi lavori garantiscono. Nell'ordine mi sono sentita chiedere: e adesso, come riempi le giornate? Non ti annoi? Sei ammalata? Persino...sei incinta? Tranquilli, sono sana, sto benissimo. Credo semplicemente che la sobrieta' non sia una rinuncia ma un'opzione sul cammino della consapevolezza. E che un'altra societa' sia possibile ma occorra iniziare a costruirla subito, ora, adesso, a partire dalle nostre individuali scelte quotidiane. Non ho la sfera di cristallo, neppure la capacita' di domare i venti dell'amico velista e downshifter Simone Perotti al quale spesso rubo consigli ed ispirazione e con il quale condivido la meravigliosa avventura del Progetto Mediterranea. Tra sei mesi puo' essere che torni nella centrifuga ma sara' una mia scelta e sarò certamente una donna diversa.